"PANE E LAVORO": IL FILET IN TONDO NELLA SCULTURA DI EMANUELE CAGGIANO

Care amiche, gli appassionati di filet come me resteranno a bocca aperta davanti all'immagine che ho appena pubblicato.

Si tratta di una scultura realizzata tra fine Ottocento e i primi del Novecento dallo scultore beneventano Emanuele Caggiano, intitolata "Pane e lavoro" (1862), esposta attualmente all'interno della collezione contemporanea del Museo del Sannio di Benevento.

 

Luigi Settembrini, eminente figura di erudito, letterato e uomo politico di fine Ottocento, introduce una riflessione sull'opera modellata nel 1862 dal Caggiano: 

"Io l'ho riveduta, la buona fanciulla che sempre lavora, e discinta e scalza come si leva di letto siede sopra uno scanno e non intende altro che al suo lavoro su cui tiene fissi gli occhi e il pensiero. Ella è la figliuola di Emanuele Caggiano scultore, ed è una statua, e si chiama con un bel nome: Pane e Lavoro" (Settembrini 1879, vol. I, p. 467).

Pane e Lavoro rappresenta un unicum nel panorama della scultura napoletana del suo tempo [...].

(Estratto dal catalogo di mostra Il Bello o il vero. La scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento a cura di Isabella Valente, tenutasi a Napoli, Basilica e Convento di San Domenico Maggiore,  dal 30 ottobre 2014 al 31 gennaio 2015).

 

La statua in marmo raffigura una giovane donna del popolo intenta a lavorare il filet in tondo (rete o reticella). Ai suoi piedi si trova un cestino in cui è deposta una pagnotta di pane.

"Soave e serena è l'espressione della fanciulla dalla folta capigliatura, intenta a svolgere il suo lavoro. Una croce le pende dal collo e le sue agili mani intessono un ricamo di fattura perfetta, tenuto sulle gambe accavallate, mentre la veste che indossa le lascia scoperte le spalle ed in parte il seno.

Le molteplici pieghe del leggero abito le cadono sui piedi scalzi."

(Citazione tratta dalla seguente pagina: http://www.realtasannita.it/articoli/articolo.php?id_articolo=4518 ).

 

"Pane e lavoro non manifesta gelida freddezza, emoziona il misero sgabello senza schienale, la mancanza di calzari denotano le precarie condizioni della ragazza che trova un riscatto nel lavoro, liberazione ma anche sacrificio e negazione di spensieratezza, è il contrasto della sensualità delle forme nude, abbozzate, dei riccioli lunghi e morbidi che tallonano un tormento interiore: obbedienza e virtù oppure seguire lo spirito della giovinezza che chiama alla vita?"

(Citazione tratta dalla seguente pagina:

http://viaggi.ciao.it/Museo_del_Sannio_Sezione_arte_e_archeologia_Benevento__Opinione_1473373).

 

Pubblico delle foto della scultura trovate in rete, alcune delle quali sono scatti del fotografo Peppe Guida .